venerdì 5 febbraio 2016

Fede e superstizione


Condivido questo articolo di Daniela Ranieri sul Fatto di oggi, sul viaggio della salma "ritoccata al silicone" di S.Padre Pio da S.Giovanni Rotondo a Roma, sfiorante la superstizione e commercializzante la fede. 
La coda lunga e paziente è formata in gran parte da brave persone dedite ad un settario uso del cattolicesimo, dequalificante il Mistero per un'arsura di buona sorte tipica, come ricorda la Ranieri, del Medioevo. Simile a quella che nella Domenica delle Palme ti fa portare a casa il portafortuna all'olivo, con la speranza che ti possa far centrare il 6 al Superenalotto. 

Venerdì 05/02/2016
L’Isis non ci serve, il nostro Medioevo è qui con Padre Pio
IN FILA A ROMA TRA I SUPERSTIZIOSI CHE VOGLIONO PARTECIPARE AL TOUR DELLA SALMA DEL FRATE MORTO NEL 1968 IN PUGLIA

di Daniela Ranieri

Disabili e giornalisti entrano senza fare la fila da una transenna aperta. “Lei che disabilità c’ha?”, chiede l’addetto alla signora che s’è infilata nel pertugio. “So’ vecchia”, si auto-certifica lei, ma la burocrazia inflessibile attiva in piazzale del Verano le nega il diritto alla precedenza.

Molti falsi invalidi di Roma, facce note e storici saltatori di fila di Asl ed enti previdenziali, sono qui, oggi, nel primo giorno di ostensione della salma di San Pio da Pietrelcina, patrono putativo d’Italia con un curriculum gonfio di miracoli, guarigioni, esorcismi e risse col diavolo. Noi, col tesserino dell’ordine in mano, sotto la pressione psicologica della folla decidiamo di fare la fila insieme agli altri, a cui perciò siamo simpaticissimi.

Sono le 11:30 di giovedì 4 febbraio del 2016, e però, a scapito della pastorizzazione dei numi e della lamentata secolarizzazione della società, qui si sta per venerare le spoglie mortali del frate seppellito in odore di santità, fatto santo da Wojtyla e riesumato nel 2008 per un’ostensione che rivelò dell’uomo la caduca natura e un volto impresentabile; si decise allora di coprirlo con una maschera di silicone e di esporlo permanentemente nella chiesa dorata di Renzo Piano a San Giovanni Rotondo.

La fila si snoda ordinata a gomito fino alle mura del Verano, poi davanti alla chiesa si allarga con un delta illogico destinato a re-incanalarsi a imbuto. Una coppia di pensionati di Milano considera un regalo di Padre Pio l’essersi fatto traslare a Roma proprio oggi che sono qui per il compleanno della figlia. Due signore di Firenze hanno finora evitato il Giubileo perché scontente della disinvolta amministrazione Bergoglio (“Se ne inventa una dopo l’altra”), e invece legatissime a Giovanni XXIII e a Giovanni Paolo II (ma non a Ratzinger, “troppo freddo, tedesco”).

Ambulanze del Policlinico sfrecciano sulla Tiburtina innervosendo tutti, insieme a un vento da virtù teologali, e la fila tipo saldi di Zara dura ormai già da un’ora quando una signora con cognata sedicente religiosa e dunque sfonda-transenne, interrogata dalla cronista rivela per il santo – il cui corpo giace dentro, al caldo – una simpatia che sfiora la confidenza. “Mi ha fatto tante grazie”, sostiene.

Per esempio? “Essere qui oggi”. Mah. Chiediamo se c’è paura di attacchi terroristici. “Macché”, fa un romano, “se se avvicina un Isis je dico de andacce a comprà da magnà”. In effetti è già l’una e un focolaio si anima alla questione se la mortadella sia romana o se invece è di Bologna mentre di Roma sia la coppa. Al solo evocare il nome dell’insaccato viene a tutti una gran sete, e la signora colpevole di cognatismo butta lì: “Certo che ci potevano pure distribuì le bottigliette d’acqua”. Non l’avesse mai detto. La folla finora disciplinata si surriscalda e tira in ballo il Comune e un non meglio precisato assessorato ai santi. Qualcuno dà la colpa a Marino, altri più informati sostengono che il Comune al momento sia sospeso, un signore mette fine alla discussione dicendo “Sì perché Alemanno t’oo riccomanno”.

Allo scadere della seconda ora siamo al punto in cui la folla ridiventa imbuto, con le orecchie otturate dal vento. Le salme fresche dell’obitorio a sinistra e quelle del Verano a destra circondano le persone in fila, ciascuna coi propri acciacchi, per vedere il santo delle copertine di Chi e Novella 2000, amante di donne, soggetto di uno scontro politico con padre Agostino Gemelli, quello dell’ospedale.

Ma com’era Padre Pio? “Da giovane brutto, da vecchio è migliorato”. “Sì, da giovane brutto”, conferma una signora, “è meglio adesso”, si spinge a dire. Poi il patema testimoniale deflagra in epos: “Aveva gli occhi da matto”, “leggeva nel pensiero”, “lottava con Satana”. Apriamo la questione fiction su Padre Pio. Michele Placido vince su Castellitto 4 a 3 perché pugliese. Alla terza ora i primi nervosismi: una signora urla “forza!”, parte un applauso. “L’unica cosa è che se se sentimo male rimanemo in piedi”, fa un signore. La frangia di sinistra fronteggia i celerini, che si guadagnano un applauso sollevando un passeggino. Si parla di medicine: la Cardioaspirina va via come il pane, “io alle due me dovevo prende il gastroprotettore”. La mozione sfondamento ai lati prende consistenza, ma qualcosa si muove.

Dopo un percorso obbligato come all’Ikea eccoci al metal detector con la nostra signora preferita portatrice di pacemaker che per fortuna viene fatta passare, e infine dentro, dove pian piano si intravedono i colori carnicini dell’imbalsamazione. Ma è un trucco da preti: la prima salma è quella di un altro santo, Leopoldo Mandic, un po’ il Nardella di Padre Pio, infatti trascurato da tutti, che puntano alla seconda teca. Eccolo. La salma mascherata giace giallina in una doppia teca antiproiettile col volto appena riverso verso lo spettatore, la famigerata barba, un accenno di piglio. La security fa passare veloci come davanti alla mummia di Lenin, così che per quanta risoluzione possano avere gli smartphone, le foto verranno tutte mosse, come se il cadavere fosse arrivato volando.

Ce ne andiamo felici più dell’impresa che dello spettacolo, consapevoli di aver dato con la nostra presenza, insieme a quella di molte troupe televisive, un forte contributo alla crescita intellettuale e civile di un popolo libero da pregiudizi e superstizioni, non come gli islamici che premono alle nostre porte col loro Medioevo.

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